19 marzo 2005 - Notte di follia tra Les Fallas di Valencia (Spagna)
di Michele Sforza
All’incirca alle 22.00 di sera tutto ormai è fatto.
Una sera che solo apparentemente potrebbe essere uguale a tante altre. Una calda sera della primavera valenciana, che di li a poco sarebbe stata ancora più calda. Veramente più calda! Se non hai occhi per vedere cosa si sta sgranando nelle vie e nelle piazze grandi e piccole del centro cittadino, puoi certamente avvertire l’eccitazione che tra la gente ha ormai raggiunto un livello quasi parossistico, dopo giorni e giorni di preparativi. Questa è la differenza che corre tra un valenciano doc, ed una qualunque persona che capiti da quelle parti, ad esempio il 19 di marzo. Tutto è pronto. E questo da secoli! Manca solo un fiammifero per “dare fuoco alle micce”, e questo, vi assicuro, è saldamente in mano alle fallere: bellissime ragazze scelte dal popolo, che eccitatissime e anche un po’ impaurite, all’ordine del responsabile innescheranno le micce degli enormi falò di San Giuseppe. Un rito che si ripete regolarmente dalla metà del secolo XVIII, quando le falles (si pronuncia faglias), erano un semplice festeggiamento che veniva incluso nel programma degli eventi tipici della festa di San Giuseppe. Nei giorni precedenti il 19 di marzo, i ragazzi raccoglievano legna, vecchi mobili, oggetti inutili e preparavano piccole pire chiamate già falles, che venivano poi bruciate. Col passare degli anni le falles perdevano sempre più le fattezze di semplici cumuli di materiali combustibili, per acquistare forme definite; umane soprattutto. Col tempo assunsero anche una funzione satirica, burlesca con la rappresentazione di fatti e scene censurabili dei comportamenti di singole e più persone, generalmente conosciute dal popolo. L’arte fallera può essere considerata un’arte povera, perché ha sempre utilizzato materiali umili, poco costosi e facilmente reperibili, anche per la funzione effimera che le fallas hanno. Inizialmente le falles venivano realizzate con un’anima di legno ricoperta di stoppa e rivestita infine con tele e abiti dismessi. Successivamente, negli anni ‘30 del 1900 con l’impiego del cartone la falla cominciava a diventare un oggetto artistico al quale dedicare cura ed attenzioni nella sua realizzazione. Via via con l’evoluzione e l’introduzione di nuovi materiali più modellabili e duttili, le costruzioni effimere diventano sempre più belle e grandi. E’ negli ‘70 che si cominciò ad usare il poliestere, un nuovo materiale sino ad allora sconosciuto nel tradizionale processo di produzione. I fantocci cominciavano a diventare giganteschi. Ancora un nuovo materiale: il poliuretano, che facilita la produzione senza stampo e, pertanto, senza la possibilità di riproduzione in serie o standardizzata. Naturalmente questi materiali pongono dei problemi di inquinamento ambientale. La preparazione di questi monumenti (alcuni raggiungono altezze impressionanti come 40 e più metri) è di competenza degli artisti fallers e tali manufatti sono possibili grazie allo sforzo degli abitanti di ogni quartiere i quali, riunitisi tutti in una congregazione, lavorano un anno intero per poter sostenere i costi della festa. Ogni artista faller sceglie un piccolo fantoccio tra tutti quelli che compongono ogni singola costruzione, e una settimana prima di procedere alla plantà della falla (cioè alla collocazione nella via) tutte queste figure selezionate (ninot) vengono presentate al popolo. Mediante una votazione popolare viene premiato quel ninot che per la sua bellezza, la grazia e per il suo valore artistico, verrà risparmiato dal fuoco e successivamente collocato nel Museo Faller (è consigliata una sua visita). Mediamente le fallas realizzate ogni anno sono circa 700 - tra grandi e piccole - e vengono appiccate quasi tutte contemporaneamente. La città nella notte del 19 marzo assume un aspetto dantesco con i bagliori di centinaia di fuochi, alcuni immensi, che illuminano di rosso il cielo. E’ un delirio collettivo di grande suggestione e fascino. Lo noti dalla partecipazione e dal coinvolgimento della gente - i valenciani - che considerano sacro e intoccabile questo momento. Non si pensa al terribile impatto ambientale che un simile volume di fuoco provoca nel bruciare tonnellate di materiali plastici, polistirolo, vernici, ecc. Come non si pensa agli alti costi di ogni singola costruzione, che può costare anche 360.000,00 Euro. Tanto è costata la fallas che quest’anno ha vinto il 1° premio. Non si pensa neanche alle possibili conseguenze che un falò di 50 o 60 metri potrebbe provocare sulla sicurezza degli edifici e della gente, gli uni e gli altri pericolosamente troppo vicini ai roghi. Per questi ultimi motivi vengono richiamati a Valencia centinaia di Vigili del Fuoco dall’intera Spagna: Madrid, Salamanca, Barcellona, Girona, Isole Canarie, Malaga, ecc. Decine e decine di bomberos – sino a 500 – che volontariamente ogni anno si danno appuntamento a Valencia per dare man forte ai colleghi della città andalusa, evidentemente non in numero sufficiente per garantire la sicurezza pubblica che una simile manifestazione richiede. E come potevano mancare anche i Vigili del Fuoco italiani, in particolare di Torino, insieme ai Pompieri Senza Frontiere? Ecco allora che un’agguerrita squadra “armata” di tutto il materiale antincendio, e non solo, e persino di una nuova e fiammante autopompa, il 15 marzo “corre” alla volta di Valencia, con tante buone intenzioni di farsi onore sul territorio spagnolo. Ed è stato proprio così. I rapporti già cordialissimi e amichevoli con i Bomberos di Valencia, hanno permesso ai sette pompieri di “sacrificarsi” per sei giorni in trasferta estera. Si “tirava” tardi la notte perché la festa non era concentrata solo alle fallas ma anche ai ripetuti fuochi artificiali notturni e alle numerose mascletà (fuochi artificiali diurni) alle quali bisognava dare assistenza per la sicurezza della popolazione. Anche queste vere e proprie esplosioni che sconquassano il centro cittadino. E’ stata per gli sbigottiti partecipanti italiani, un’esperienza davvero straordinaria sia dal punto di vista dei rapporti umani con i colleghi spagnoli, sia dal punto di vista del rapporto con la gente comune che a decine chiedevano cosa “diavolo” ci facessero a Valencia dei pompieri italiani, in assetto da intervento e per giunta con una bellissima, nuova fiammante ed enorme autopompa. Non poche sono state le fotografie che la gente ha voluto fare e farsi fare davanti al mezzo e in compagnia della divertita combriccola italiana, tra la non tanto velata invidia dei colleghi spagnoli. E’ stato un vero successo di visibilità per i Vigili del Fuoco e per la nostra associazione. La prima volta nella storia delle fallas che una squadra di pompieri, non spagnoli, sia stata a Valencia. Poi, inoltre, i pompieri italiani si sono comportati in maniera davvero ineccepibile. Professionali e formali negli incontri con le autorità e nei momenti di lavoro; cordiali ed affabili nei momenti non istituzionali. Tutto questo è stato possibile per la preziosa disponibilità del Dipartimento dei Vigili del Fuoco, Soccorso Pubblico e Difesa Civile e del Comando di Torino, che hanno creduto nell’importanza della manifestazione. C’è di che essere veramente soddisfatti. Ed è solo l’inizio. «Vi aspettiamo per le prossime Fallas!». Questo è cosa ci hanno urlato i colleghi di Valencia. |