Bardonecchia, Forte "Bramafam".
Il fronte di guerra dei Vigili del Fuoco.
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La mostra, che si è svolta al Forte di Bramafam (Bardonecchia), dal 2 giugno al 16 ottobre 2016, ha inteso percorrere l’operato dei Vigili del Fuoco durante le drammatiche incursioni aeree dal 1940 al 1945.
Attraverso fotografie, video, documenti e preziosi cimeli provenienti dall’Archivio Storico del Comando, è stato possibile riscoprire una città devastata dal fuoco nemico e l’impegno delle squadre di soccorso nel portare l’aiuto alle popolazioni, nonché ricostruire la serie di bombardamenti che colpirono la città, provando a comprendere come si potesse vivere sotto le bombe. Uno spaccato sulla nostra storia recente che ha profondamente segnato la vita di molti. Tra lo scoppio della seconda guerra mondiale e l’entrata in guerra dell’Italia, il volto di Torino non fu diverso da quello delle altre città. Nel periodo tra le due guerre la città era diventata un centro produttivo di primaria importanza, soprattutto grazie alla Fiat che, con i suoi cinquantamila operai, era ormai tra le più grandi industrie italiane, tant’è che nel 1939 aveva inaugurato lo stabilimento di Mirafiori. Per Torino il 12 giugno 1940 fu subito guerra vera. Erano passate appena ventiquattro ore dalla dichiarazione di guerra a Francia e Gran Bretagna che già le prime bombe iniziarono a cadere sulla città. Complice la vicinanza al confine e la sua natura di città industriale, Torino fu tra le prime città italiane a subire gli effetti dei bombardamenti aerei, sia in termini di perdite di vita umane che di distruzione, subendo ben tre diversi cicli di bombardamenti. L’inasprimento del conflitto si osservò in particolare durante la seconda fase, tra l’autunno 1942 e l’estate 1943, caratterizzato da una serie di azioni notturne compiute da grandi formazioni di quadrimotori della RAF che si susseguivano a più ondate colpendo la città indiscriminatamente. Le bombe dirompenti usate furono di calibro grosso e grossissimo e furono lanciati anche spezzoni incendiari alla termite, le nuove bombe al fosforo e bottiglie e bidoni di benzina al fosforo. Ogni ondata sganciava prima le bombe dirompenti e poi gli ordigni incendiari. Questa tecnica rendeva impossibile l’impiego dei mezzi antincendio durante l’incursione e favoriva lo svilupparsi di incendi di vaste proporzioni. A questi, si sommavano i danni delle esplosioni delle bombe dirompenti, che distruggevano gli edifici e bloccavano i servizi e le comunicazioni (interrotte le strade, i cavi elettrici e telefonici, le tubature del gas e dell’acqua). Questa serie di violente incursioni, provocarono il primo vero e proprio sfollamento dei torinesi. I bombardamenti alleati non miravano infatti solamente agli obiettivi strategici, come le vie di comunicazione (soprattutto le ferrovie), le installazioni industriali (stabilimenti Fiat, officine Savigliano, la CEAT, la Conceria Gilardini, la INCET, la manifattura Tabacchi) e militari, ma colpirono pesantemente anche tutto il resto della città, allo scopo di recare più danni possibili e quindi demoralizzare la popolazione. Nulla fu risparmiato di fronte alla tremenda ondata distruttiva. Notevoli i danni al patrimonio storico-artistico, agli uffici pubblici e privati, alle chiese e agli istituti religiosi. |